Quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) è un modello energetico ormai conosciuto e abbastanza diffuso, tanto che sta pian piano prendendo sempre più piede anche in Italia.
Stiamo vivendo una vera e propria crisi di reperimento delle fonti energetiche, perciò è necessario che i territori si attivino per trovare una soluzione sostenibile che renda possibile l’utilizzo delle risorse particolari di ogni territorio per autoprodurre l’energia pulita ognuno secondo le proprie possibilità.
I modelli da mettere in pratica sono diversi, oltre alle classiche CER infatti abbiamo, ad esempio, l’Autoconsumo Collettivo (AUC) e le Comunità Energetiche Rinnovabili Solidali (CERS).
Cos’è una Comunità Energetica Rinnovabile Solidale?
Tra le CER e le CERS però c’è una differenza: “solidali” sta infatti a significare che, oltre all’aspetto della produzione di energia rinnovabile, l’accento è posto sulle problematiche sociali della comunità.
Le CERS, Comunità Energetiche Rinnovabili Solidali, sono parte di una nuova prospettiva per l’indipendenza energetica green e sostegno alle comunità con difficoltà socio-economiche.
Nascono infatti con l’intento di trovare una soluzione comune alla problematica del reperimento dell’energia in luoghi dove sono presenti anche altre forme di disagio, situazioni di difficoltà e disparità sociale, ghettizzazione ecc. Ciò è possibile tramite forme di partecipazione dal basso che coinvolgano i cittadini o le realtà interessate a diventare soci della comunità e che puntino all’innovazione sociale.
A far parte della CERS possono essere soggetti differenti: da Enti pubblici a imprese, aziende, cooperative e anche privati cittadini, tutti con lo scopo comune di autoprodurre e consumare energia green.
Il punto è che per il benessere dei territori e delle comunità, soprattutto nei luoghi dove c’è maggiore difficoltà economica, sociale, energetica, costruire una Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale può essere una soluzione vincente.
Il contributo alla lotta al cambiamento climatico in questo caso si unisce anche a dei vantaggi economici per i cittadini facenti parte della rete tramite la riduzione dei costi in bolletta per l’energia autoprodotta e consumata puntando alla creazione di infrastrutture sociali che si prendano cura del territorio e delle comunità.
A seconda della forma e degli accordi prestabiliti, gli incentivi che derivano dalla creazione e adesione ad una comunità come quella descritta, verranno divisi tra i soci che si trovano in maggiore difficoltà, siano essi privati cittadini o aziende in difficoltà.
Si stima un risparmio in bolletta circa del 20-25% a seconda delle caratteristiche della rete, è per questo che spesso anche imprese e aziende aderiscono a queste reti, infatti, il risparmio può significare importanti investimenti che hanno il potere di rilanciare chi si trova in difficoltà e che possono includere anche il settore sociale.
La rete CERS, esempi italiani
La costruzione di una rete, di un’alleanza di CERS in questo senso, è stata ispirata principalmente da due esperienze particolarmente interessanti. Si tratta della Comunità Energetica Solidale di Napoli est e della comunità energetica “Common Light” a Ferla, in Sicilia.
Nel primo caso Legambiente e due fondazioni locali si sono attivate per far fronte alle problematiche di disagio sociale ed economico presenti nel quartiere San Giovanni a Teduccio a Napoli, trovando così delle soluzioni concrete alle difficoltà di reperimento dell’energia di ben 40 famiglie.
Nel secondo caso invece il progetto è nato dall’azione combinata del Comune, l’Università e i cittadini stessi di Ferla. Fondamentale anche in questo caso il processo di progettazione dal basso e partecipata.
I vantaggi della Comunità Energetica Rinnovabile Solidale
Per quanto riguarda gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 si stima che, contando che la nuova potenza installabile arriva a 17 GW, secondo il PINEC Piano Integrato Nazionale Energia e Clima si raggiungerebbe il 30% degli obiettivi di decarbonizzazione in circa 10 anni e, conseguentemente, ci sarebbe un risparmio di circa 47,1 tonnellate di emissioni di CO2.
Altro dato estremamente significativo è la stima che l’attivarsi di questo processo, grazie alla direttiva FER II, può portare alla creazione di 19mila posti di lavoro anche solo nel settore impiantistico.
La portata di questo strumento è veramente incredibile in quanto si può rivolgere sia alle aree urbane, ai quartieri cittadini, che ai piccoli comuni. È una soluzione per molti aspetti a diverse tipologie di difficolta e, soprattutto, è una forma di arricchimento in termini di decarbonizzazione, sostenibilità ed economicità e risoluzione delle disparità sociali e delle difficoltà socioeconomiche nelle realtà che fanno parte di questo tipo di Comunità Energetiche Rinnovabili.