Distretti del Commercio del Piemonte: bisogni e necessità

Sabrina Savoca
DISTRETTI DEL COMMERCIO DEL PIEMONTE: BISOGNI E NECESSITÀ

La Regione Piemonte ha introdotto i Distretti del Commercio nel 2020 con l’intento di introdurre “modelli innovativi di sviluppo del settore commerciale per sostenere e rilanciare il commercio attraverso strategie sinergiche di sviluppo economico e di risposta a necessità in particolari momenti di emergenza economica e sociale”.

L’intento della Regione, quindi, è stato quello di promuovere uno strumento volto a valorizzare ambiti territoriali ed economici specifici e favorire sinergie capaci di: mantenere vivo e funzionante il tessuto commerciale esistente, sostenere lo sviluppo delle attività commerciali esistenti e promuovere la nascita di nuove realtà imprenditoriali.

Per dare atto a questo intento sono state introdotte due tipologie di Distretti (i Distretti Urbani del Commercio, costituiti da un unico Comune e i Distretti Diffusi del Commercio, costituiti da più Comuni) e sono state stanziate risorse ad hoc sia per la costituzione dei Distretti sia per la realizzazione di progetti specifici nell’ambito dei Programmi Strategici Triennali.

A fine 2024 si andrà verso la scadenza di molti Programmi Strategici Triennali e questo ha acceso i riflettori su una riflessione riguardo a cosa in questi anni ha “funzionato” maggiormente e quelli che invece rrappresentano i bisogni e le necessità a cui non è ancora stata data risposta e quindi da tenere in considerazione, non solo per la formulazione dei prossimi Programmi Strategici, ma anche per la definizione delle risorse da stanziare per i Distretti nei prossimi anni.

Una prima riflessione è a livello territoriale: le necessità di una grande città come Torino o come gli altri capoluoghi di provincia sono sicuramente diverse da quelle di piccoli comuni collinari o montani o che sorgono nell’ambito delle Aree Interne. Il filo conduttore è sempre il valore strategico del commercio di prossimità e la necessità di supportarlo e tenerlo in vita ricordando però che la chiusura di un esercizio di vicinato in un quartiere di una città porta a una situazione di degrado e insicurezza e alla perdita di attrattività di quell’area, oltre che all’impoverimento di relazioni e scambi di prossimità, ma la chiusura di un esercizio di vicinato in un borgo o paesino di montagna può causare la perdita di servizi essenziali e rappresentare un ulteriore motivo che conduce allo spopolamento e all’abbandono di quell’area.

Occorrono quindi accorgimenti e risorse specifici a seconda delle dimensioni del Distretto e del fatto che si tratti di un DUC (Distretto Urbano del Commercio) o di un DID (Distretto Diffuso del Commercio).

Altre riflessioni sono riconducibili al tema della governance. Che ruolo hanno giocato i partner di secondo livello in questi anni? Che ruolo potrebbero avere in futuro? 

Un primo punto di sollecitazione è che i partner di secondo livello potrebbero avere un ruolo più attivo e che quindi occorre individuare gli strumenti e le leve affinché contribuiscano in termini di know-how, progettualità e magari anche risorse economiche alla crescita dei Distretti. 

Un altro elemento di analisi è riferito poi al tema economico: lo sviluppo di un territorio non passa solo attraverso le risorse in conto capitale (il rifacimento di una piazza o l’arredo urbano); per il rilancio del commercio di prossimità occorrono più risorse per la spesa corrente e questo si traduce quindi in più risorse per la gestione e promozione del Distretto, per il marketing territoriale e turistico, la realizzazione di eventi e iniziative, la comunicazione, ecc..

Infine, ci sono altri due spunti di riflessione importanti: il Bando Imprese e il tema dell’analisi dei dati e delle trasformazioni in corso.

Il Bando Imprese necessità di alcuni accorgimenti che tengano conto delle reali necessità del tessuto commerciale locale e quindi, anche in questo caso, di risorse per la spesa corrente (ad es. per i canoni di affitto, la comunicazione e la pubblicità, le consulenze, l’aggiornamento, ecc.) e di ampliare le tipologie di spesa per la parte in conto capitale (ad es. per la riqualificazione e il recupero degli spazi interni di bar, negozi e ristoranti o per il rinnovamento degli elementi di arredo interno).

Infine il tema dell’analisi dei dati e delle trasformazioni in corso è ampio ma rappresenta uno dei punti di partenza imprescindibili non solo per la definizione di nuove strategie attente ai bisogni attuali di comunità e imprese ma anche per la costruzione di vision di sviluppo di medio-lungo periodo in grado di rendere più accoglienti e attrattivi i territori fra 5 o 10 anni.

Occorre quindi, ad esempio, porre attenzione al crescente numero dei locali sfitti e in parallelo a quelli che sono i servizi e le attività assenti e di cui c’è un’effettiva necessità, anche attraverso attività di supporto e orientamento per gli aspiranti imprenditori. Per dare però luogo a un reale incontro tra proprietari di locali sfitti e chi vorrebbe dare avvio a una nuova attività o servizio non basta una mappatura degli spazi commerciali inutilizzati e delle attività carenti o del tutto assenti, occorre anche capire chi sono i nuovi abitanti di paesi e città (anziani? stranieri? turisti? nomadi digitali?) e le nuove abitudini non solo di acquisto e consumo ma anche sul come si vive e fruisce lo spazio pubblico.

Queste sono solo alcune delle macro riflessioni che ruotano intorno ai Distretti del Commercio, contattaci se vuoi approfondire maggiormente questo tema.

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